venerdì 6 febbraio 2009

Curiosità: il matrimonio nell'antica Roma

E' passato tanto tempo dall'ultimo post... il lavoro, la famiglia, e tutto il resto mi rubano sempre più tempo!! Ma ora basta! Ho sognato e pensato questo spazio per troppo tempo e non voglio rinunciarci!!! :)

Allora nelle mie continue ricerche e nella mia continua formazione (assolutamente fondamentale per una Wedding Planner) sono arrivata a scoprire diverse curiosità, tra le quali: il matrimonio nell'antica Roma, fa sorridere pensare che nonostante le migliaia di anni alcune cose non siano cambiate affatto!

All'epoca, la vita sociale delle fanciulle iniziava piuttosto presto: già a 10 anni ogni giovane donzella veniva promessa in sposa o fidanzata (sponsalia) dal padre, che si occupava non solo dell'organizzazione del matrimonio (!), ma anche della scelta del fidanzato (!!). Questo poteva avvenire anche contro la volontà della giovane e consisteva in un vero e proprio impegno, addiritura perseguibile in caso di inadempimento, che vincolava la donna ad una sorta di fedeltà pre-matrimoniale nei confronti del promesso.
Il futuro sposo donava alla fidanzata un pegno per garantire l'adempimento della sua promessa di matrimonio: un anello d'oro o di ferro sul quale erano effigiate due mani che si univano in una stretta. L'anello veniva indossato all'anulare della mano sinistra e sembra che tra il dono e quel dito esista uan particolare relazione, pare che sia l'unico dito a presentare un sottilissimo nervo che lo collega direttamente col cuore...
Il matrimonio aveva luogo alcuni anni dopo e si perfezionava col trasferimento della donna dalla famiglia paterna a quella del marito.
Diverse erano le forme di matrimonio:
- la perconfarreationem, da panis faerrus, un pane preparato col farro che veniva mangiato dagli sposi appena entrati nella nuova casa;
- la coemptio, una vendita simbolica con la quale il padre cedeva la figlia allo sposo mediante un compenso pecuniario;
- l'usus, una sorta di sanatoria di una condizione di fatto , con la quale diventava moglie la donna che avesse abitato con un uomo per un anno intero senza interruzione di tre notti consecutive.
Queste forme davano al marito il diritto di protezione e tutela della moglie, che spesso era una padronanza assoluta.
Un altro aspetto che mi ha incuriosita particolarmente è la formula...
Nella formula più arcaica l'uomo chiedeva alla giovane donna donna "vuoi essere la mia mater familias", cioè "moglie", la cosa che mi ha colpito è proprio il fatto che l'avventimento che renbde una donna mater familias è proprio il matrimonio, non il parto! In tutt'altro senso la donna indirizzava al futuro sposo la domanda "e tu vuoi essere il mio pater familias ?", con ciò desiderava che l'uomo diventasse per lei, un nuovo padre, alla cui potestà lei coi suoi figli voleva sottomettersi come una figlia.
E veniamo al lato estetico... il mio preferito!
La giovane che si univa in matrimonio indossava una tunica bianca (a simboleggiare la sua verginità) chiusa da un nodo di Ercole che poteva essere slacciato solo dallo sposo, era ornata da un velo color arancio portava sul capo una corona di fiori d'arancio, da sempre simbolo di fecondità... e vissero felici e contenti!!! :)

fonti: R. Bellinzaghi, E. Galavotti